Angelica Rossi Freelance Medical Nutrizione

LE CARATTERISTICHE DELLE SCELTE ALIMENTARI VEG

Secondo quanto emerge dal recente rapporto Eurispes 2020, l’8,9% della popolazione italiana segue un’alimentazione vegetariana o vegana.Alcuni dichiarano di aver intrapreso questa scelta per ragioni etiche, altri per “filosofia di vita”, altri ancora per ragioni ambientali e chi, invece, per motivi di salute (un caso su quattro è dettato dalla convinzione che l’eliminazione dei cibi di origine animale possa comportare benefici).Ma affinché la dieta “plant-based” esprima al massimo le sue potenzialità, bisogna seguire alcuni consigli…

Si tratta di diete di esclusione e quindi che si possono seguire in maniera più o meno rigorosa, con conseguenti differenti risvolti dietetici. Schematizzando, si possono individuare, fondamentalmente, due grosse tipologie di diete vegetariane:

  • la dieta latto-ovo-vegetariana, quella vegetariana tradizionale, che esclude il consumo di carne e pesce, ma nella quale è permessa l’assunzione dei derivati di origine animale come latticini, miele e uova;
  • la dieta vegana, o vegetariana stretta, che esclude ogni prodotto di origine animale.

Tra le due, non c’è dubbio che la scelta migliore sia la prima. Integrare verdura e frutta con alimenti preziosi quali i latticini e le uova, nelle giuste quantità, consente di ottenere una dieta più variegata, maggiormente soddisfacente nel gusto, equilibrata e completa di tutti i nutrienti necessari all’organismo, senza dover ricorrere all’uso di integratori (supplemento che diventa, invece, indispensabile se si segue una dieta vegana). 

La seguente Tabella mostra una classificazione, ancora più specifica, con le diverse varianti dell’alimentazione VEG:

Mentre la dieta vegana, accuratamente integrata, può essere una scelta accettabile in soggetti adulti sani, lo stesso non si può affermare per scelte nutrizionali maggiormente restrittive che, alla prova della valutazione scientifica, non hanno dimostrato apportare alcun vantaggio per la salute. Si tratta del fruttarismo, che ammette l’introito di solo frutta, semi, frutti rossi e frutta a guscio; del crudismo, che approva anche il consumo di latte e uova (ma solo a crudo), oltre a cereali, legumi germogliati, semi, frutta a guscio, frutta e verdura rigorosamente crudi; e della dieta macrobiotica, che si configura più come uno stile di vita molto frugale e meditativo, in cui l’alimentazione segue principi complessi e combinazioni non negoziabili. Queste ultime tipologie di diete diventano talmente drastiche e restrittive da portare inevitabilmente a un rischio di carenze nutrizionali.

La ricerca nutrizionale valuta da tempo l’associazione, positiva o negativa, tra adesione costante a una scelta alimentare vegetale non dettata da necessità mediche specifiche e mantenimento della salute a lungo termine. Le analisi si focalizzano soprattutto sulla possibile riduzione del rischio di malattie cronico-degenerative: cardiovascolari, metaboliche, oncologiche.

Sono ormai parecchi gli studi che dimostrano come una dieta vegetariana, se ben bilanciata, possa soddisfare pienamente i bisogni dell’organismo ed esercitare un utile effetto protettivo a livello cardiovascolare, questo perché generalmente limita il consumo di grassi saturi e presenta una maggiore quantità di fibre e di fattori protettivi antiossidanti. Tutto ciò si traduce in un minor rischio di ipertensione, diabete e infarto e,  grazie all’elevata presenza di fibra, anche nell’abbassamento dell’incidenza di alcune malattie dell’intestino, come la diverticolosi e i tumori al colon.

Il confronto tra le varie opzioni nutrizionali vegetariane, rispetto a un’alimentazione onnivora, conferma che la dieta vegana comporta il minor introito calorico, la minore assunzione di proteine, la maggiore assunzione di fibre e il miglior profilo lipidico. Valutando le singole alternative nutrizionali, anche dal punto di vista dello Health Eating Index (HEI) e del Mediterranean Diet Score (MDS), la dieta vegana raggiunge i punteggi più elevati, grazie al limitato apporto di sodio e grassi saturi e all’abbondante presenza di frutta e verdura. Se si considera, invece, l’adeguatezza dell’apporto relativo dei singoli nutrienti, l’analisi sottolinea come le altre opzioni vegetariane, totalizzano punteggi man mano migliori, grazie alla progressiva inferiore carenza di nutrienti essenziali.

Un’ulteriore conferma proviene da uno studio eseguito sulla popolazione finlandese, in cui è stata confrontata l’adeguatezza nutrizionale della dieta non-vegetariana e di quella vegana. Anche in questo caso sono emerse alcune specifiche carenze nutrizionali nella popolazione a più rigoroso regime alimentare e alcune delle quali (come la carenza di vitamina D) risultano ancor più marcate in un Paese come la Finlandia, dove l’esposizione diretta alla luce solare è francamente ridotta.
Altre carenze, come quella relativa allo iodio, risultano essere correlate sia alla scarsa assunzione di sale iodato, sia all’assenza, nella dieta vegana, dell’introito di pesce. Anche in questo studio, quindi, è stata evidenziata un’apparente contraddizione, riscontrabile nei soggetti che seguono una dieta vegana, tra un più favorevole profilo metabolico e uno sfavorevole profilo nutrizionale dovute a carenze nutritive, correggibili tramite l’integrazione esterna.

Basandosi sul confronto tra le diverse scelte alimentari (onnivora, vegetariana e vegana), la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ha stilato nel 2015 un documento dettagliato, nel quale analizza i potenziali rischi di carenza nutrizionale e riassume i principi di integrazione a cui è necessario adeguare le diete vegetali.

La questione proteica

La letteratura disponibile sottolinea che, in generale, l’apporto proteico dei vegetariani è adeguato, anche se risulta essere lievemente inferiore rispetto a quello degli onnivori; sul versante vegano, invece, è necessario un adeguato bilanciamento. Questo perché le proteine vegetali sono di inferiore “valore biologico” rispetto a quelle animali. Tuttavia, la varietà dei cibi vegetali e l’uso regolare di legumi, seitan e prodotti a base di soia garantiscono una quantità sufficiente di amminoacidi essenziali, soprattutto quando vengono associati ai cereali, le cui proteine si integrano e si completano a vicenda. Pasta e fagioli, riso e lenticchie, couscous e ceci sono solo alcuni degli esempi possibili.

Vitamine

Pensando a una dieta a base di frutta e verdura, l’ultima cosa che ci si aspetterebbe è di poter incorrere in una carenza vitaminica, ma la realtà è un’altra.

La vitamina B12, indispensabile per la sintesi degli acidi nucleici, la formazione dei globuli rossi, la funzionalità del sistema nervoso ecc., non deve essere mai trascurata nella dieta dei vegetariani e, soprattutto, dei vegani. Questo perché tale vitamina è di origine microbica e si trova negli alimenti di origine animale (in quanto assorbita dagli animali stessi grazie a mangimi fortificati o, se sono allo stato brado, da cibi incontaminati da antibiotici e con substrati batterici ottimali), mentre è assente nel mondo vegetale. Dunque, il consumo di latticini e uova ne riduce il rischio di carenza (anche se un’integrazione di vitamina B12 sarebbe da valutare anche in una dieta vegetariana/non vegana), mentre si consiglia sempre una supplementazione di questa vitamina ai vegani. 

La Tabella 2 sottolinea quali sono i microgrammi giornalieri di B12 raccomandati per un’adeguata integrazione, in una o più dosi quotidiane.

Anche la vitamina D (essenzialmente sintetizzata dal corpo con la luce solare e contenuta soprattutto nel tuorlo d’uovo, nei latticini e nei pesci grassi) in soggetti che seguono una dieta vegetariana/vegana può risultare carente, per questo si consiglia di eseguire dei dosaggi e di integrarla qualora non risultasse sufficiente.

Minerali

La sopracitata vitamina D è essenziale per l’assorbimento del Calcio che, insieme al Ferro e allo Zinco, va tenuto sotto controllo nel momento in cui si decide di seguire una dieta vegetariana. In questa tipologia di diete, le fonti di calcio sono rappresentate dai legumi, dalla frutta secca (mandorle) o disidratata (fichi) e dai semi oleaginosi, oltre che da alcuni tipi di verdura e dalle erbe aromatiche, come la salvia e il rosmarino. Una quota importante di calcio è apportata da latte e latticini (per chi li include). In tutte le tipologie di diete, un’ottima fonte è rappresentata dalle acque minerali ricche di calcio (fino a 300 mg/l). Va ricordato come i vegetali che contengono ossalati (spinaci, biete e cime di rapa) permettono un assorbimento limitato del 5% del calcio (nonostante il grande contenuto), in quanto questi antinutrienti ne riducono drasticamente la biodisponibilità. Tofu e succedanei del latte (bevande vegetali arricchite in calcio) hanno una biodisponibilità pari a quella del latte vaccino e cioé del 30% circa.

Per quanto riguarda la quantità di ferro, la questione è un po’ più delicata, perché è vero che alcuni ortaggi e i legumi ne sono ricchi, ma il ferro contenuto nei vegetali è meno assimilabile rispetto a quello ritrovato nella carne e nel pesce. Si stima che l’assorbimento del ferro tramite una dieta vegetariana sia compreso tra il 5 e il 12% della quota complessiva assunta con gli alimenti (la dieta onnivora permette, invece, un tasso di assorbimento del ferro tra il 14 e il 18%). Si può, però, rimediare a questo inconveniente, ingerendo un adeguato apporto di vitamina C: un kiwi o delle fragole a fine pasto e un buon consumo di broccoli, peperoni e ortaggi ricchi di questa vitamina garantiscono l’aumento dell’assorbimento del ferro contenuto nei vegetali. La biodisponibilità del ferro è, infatti, data dall’equilibrio tra gli inibitori, come fitati (complessi che riducono la disponibilità dei minerali) e gli attivatori come polifenoli e acidi organici (acido citrico e ascorbico) che ne agevolano l’assorbimento. Altri accorgimenti, oltre agli abbinamenti strategici (ferro + vitamina C), sono rappresentati dall’attivazione delle fitasi endogene (enzimi in grado di idrolizzare i fitati) attraverso l’ammollo, la lievitazione, la fermentazione e dall’assunzione di alimenti fortificati, come i cereali per la prima colazione.

Onnivori e vegetariani, tramite le rispettive diete, riescono a ricevere una assunzione di zinco simile (non sono state segnalate variazioni statisticamente significative tra le due diete); tuttavia l’assorbimento nei primi raggiunge il 35% della quota totale assunta con gli alimenti, mentre nei secondi non supera il 26%. Per ovviare all’eventuale carenza, si consiglia di consumare cibi ricchi in zinco come prodotti a base di soia, legumi, cereali, formaggi, semi e noci e di aggiungere dell’acido citrico (contenuto nella frutta) e dell’acido malico (nelle brassicacee) che hanno la capacità di aumentarne l’assorbimento.

Omega-3

Nelle diete vegetali, l’introduzione di questo tipo di acidi grassi (EPA e DHA) è assente e deve essere assimilata diversamente: rinunciando al pesce si elimina la migliore fonte di acidi grassi omega-3, per cui diventa fondamentale introdurre nella dieta altri alimenti che forniscano comunque queste preziose sostanze in discreta quantità come noci, mandorle, semi di lino e di chia e i loro oli derivati. L’acido alfa-linolenico (ALA), contenuto ad esempio nell’olio di semi di lino spremuto a freddo, viene convertito in EPA e DHA da un enzima specifico che non sempre viene attivato in maniera ottimale. L’attivazione o l’inibizione di questo enzima dipenderà da alcuni fattori quali il sesso, la composizione corporea, lo stato di salute e l’età del soggetto in questione. Per gli individui con un aumentato fabbisogno di questi nutrienti, sono disponibili integratori di omega-3 ricavati da fonti non animali (microalghe).

Per concludere, è importante mantenere, nella scelta del modello alimentare che si predilige, equilibrio e buonsenso, poiché la frequenza del consumo degli alimenti e le diverse quantità fanno la differenza, come sottolineato anche dalle Linee Guida per una Sana Alimentazione. Si può affermare che la maggior parte delle diete vegetariane fornisce un adeguato apporto nutrizionale per tutte le fasce d’età. Tuttavia, è necessario monitorare lo stato di alcuni nutrienti chiave non sempre presenti in quantità ottimale in alcuni tipi di diete (come la vegana), ponendo particolare attenzione a determinate fasi della vita e a specifici bisogni fisiologici (gravidanza e allattamento, bambini, anziani e atleti). Imporre ai bambini un’alimentazione vegana durante lo svezzamento è assolutamente sconsigliabile poiché risulta difficoltoso coprire le specifiche esigenze nutrizionali dei piccoli con un’alimentazione totalmente vegetale. Tra l’altro, le carenze di nutrienti essenziali, in questa fascia di età, possono causare problemi a livello dello sviluppo neurologico e/o motorio irreversibili, senza contare che un eccesso di fibra può  generare difficoltà nell’intestino dei bambini piccoli. 

Referenze


– Clarys P, Deliens T, Huybrechts I, et al. Comparison of nutritional quality of the vegan, vegetarian, semi-vegetarian, pesco-vegetarian and omnivorous diet. Nutrients 2014;6:1318-32.


– Elorinne A-L, Alfthan G, Erlund I, et al. Food and Nutrient Intake and Nutritional Status of Finnish Vegans and Non-Vegetarians. PLoS ONE 2016;11:e0148235.


– Huang, Ru-Yi, et al. “Vegetarian diets and weight reduction: a meta-analysis of randomized controlled trials.” Journal of general internal medicine 31.1 (2016): 109-116.


– Sieri S, Agnoli C, Baroni L, et al. Diete vegetariane: documento SINU 2015. www.sinu.it


– LARN-Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana. IV Revisione. Milano: SICS 2014 – Coordinamento editoriale SINU-INRAN.

AUTORE: Angelica Rossi Freelance e Biologa di Scienze Salute e Benessere

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