Il gioco del calcio è caratterizzato da aspetti tecnici, tattici, fisiologici e strettamente collegati l’uno con l’altro (Stølen T. et al., 2005). La natura intermittente di questo sport fa sì che esso sia contraddistinto dall’alternanza di tratti giocati ad alta intensità, divisi da recuperi incompleti sotto massimali nei quali il giocatore copre distanze intorno ai dieci chilometri compiendo differenti attività. (Bangsbo J. et al., 2008; Bradley P.S. et al., 2010).
Prolungati periodi di stress, eccessiva tensione, sensazione di stanchezza e mancanza di adeguato recupero, soprattutto psicologico, in seguito a match ravvicinati, si tramutano in uno stato di fatica immagazzinata con i quali gli atleti si sperimentano; ne deriva una successiva perdita di forma e una propensione maggiore agli infortuni causata da una percezione di stanchezza costante in seguito ad inadeguato recupero (Boksem M.A. et al., 2005; Boksem M.A., Tops M., 2008).
L’aspetto cognitivo sembra essere perciò correlato negativamente a prolungati stati di fatica mentale che si manifestano attraverso una difficoltà nell’organizzazione di azioni articolate delle quali il calcio è formato. Una riduzione marcata nei processi di vigilanza psicomotoria è stata evidenziata durante periodi di stress cognitivo con un conseguente peggioramento nelle risposte inibitorie e un ritardo nel prendere decisioni importanti (decision-making) (Robert J.H.G., 1997; Lorist M.M., Tops M., 2003). Questo fenomeno appare più marcato durante il finale della partita e in seguito a periodi dominati da alte richieste cognitive e fisiche che sviluppano stati di severa fatica (Harper L.D. et al., 2014).
La fatica mentale
Se si considerano le richieste che la prestazione sportiva di alto livello presenta al cervello, è difficile pensare a qualsiasi altra attività umana che pone le stesse o più richieste. Meccanismi neurologici dell’autocontrollo, utilizzo della memoria a breve e a lungo termine, apprendimento delle abilità, della pianificazione a lungo termine, della resilienza al fallimento, al giudizio, alla sconfitta e al pregiudizio, sono alcune delle richieste che l’attività sportiva presenta al calciatore (Walsh V., 2014). I giocatori devono quindi integrare queste informazioni, precedentemente memorizzate nella memoria, con strategie tattiche, tecniche, in relazione agli avversari e ai compagni di squadra per prendere decisioni accurate in tempi brevi (Nédélec M. et al., 2012).
La fatica mentale è uno stato psicobiologico causato da periodi prolungati di attività cognitiva impegnativa e caratterizzato da sentimenti soggettivi di “stanchezza” e “mancanza di energia” (Boksem M.A.S., Tops M., 2008). Oltre a manifestarsi soggettivamente, la fatica mentale può presentarsi anche come aspetto comportamentale e fisiologico. Da un punto di vista comportamentale, l’affaticamento mentale è riconosciuto come un calo delle prestazioni (accuratezza e/o tempo di reazione) su un compito cognitivo. Infine, le alterazioni dell’attività cerebrale hanno dimostrato essere una manifestazione fisiologica dell’affaticamento mentale. I cambiamenti in queste aree appena descritte (soggettive, comportamentali e fisiologiche), non devono rivelarsi perché l’affaticamento mentale sia presente. Le prestazioni cognitive non diminuiscono necessariamente quando si è affaticati mentalmente, poiché lo sforzo compensatorio (ad esempio, indicato da alterazioni dell’attività cerebrale o come risultato di un aumento della motivazione) può, appunto, supplire alla condizione di fatica (Van Cutsem J. et al., 2017).
In uno studio di Boksem et al. (Boksem et al., 2006) è stato dimostrato che la fatica mentale compromette il funzionamento cognitivo. I soggetti affaticati mentalmente avevano difficoltà nel focalizzare la loro attenzione, pianificare e modificare le strategie correttive davanti ad esiti negativi, inoltre soffrivano di una maggiore distrazione poiché non erano in grado di ignorare le informazioni irrilevanti.
Riguardo l’attività sportiva, diverse indagini recenti hanno rivelato che la stanchezza mentale aumenta la percezione dello sforzo durante l’esercizio fisico, con conseguenti danni all’attività fisica basata sulla resistenza (Brownsberger J. et al., 2013; Smith M.R. et al., 2015). Al contrario, la stanchezza mentale non influenza la funzione neuromuscolare e, quindi, ha un impatto minimo su esercizi di breve durata e ad alta intensità (Rozand V. et al., 2014). Così come per le attività fisiche basate sulla resistenza, sono state osservate anche riduzioni della quantità e della qualità delle prestazioni tecniche dovute a stanchezza mentale (Rampinini E. et al., 2009).
Effetti sulle prestazioni atletiche e tecniche
Smith M.R. et al. (2016) hanno effettuato due studi correlati per comprendere gli effetti della fatica mentale sulle prestazioni atletiche e tecniche dei calciatori. Nello studio 1 sono stati indagati gli effetti della fatica mentale sulla prestazione fisica, valutata attraverso lo Yo-Yo Intermittent Recovery Test Level 1 (Yo-Yo IR1); e nello studio 2 sono stati valutati gli effetti della fatica mentale sulla prestazione tecnica utilizzando il Loughborough Soccer Passing Test (LSPT) e il Loughborough Soccer Shooting Test (LSST).

Nello studio 1, i partecipanti hanno coperto distanze significativamente più brevi nelle condizioni di affaticamento mentale (1203 ± 402 m) rispetto alla condizione di controllo (1410 ± 354 m). La distanza individuale percorsa era più breve nella condizione di affaticamento mentale in tutti i partecipanti. Inoltre, non sono state osservate variazioni significative della frequenza cardiaca tra il gruppo di controllo e il gruppo mental fatigue.
Nello studio 2, il tempo totale del Loughborough Soccer Passing Test (LSPT), escluso di penalità e bonus, non ha mostrato differenze significative tra le condizioni di affaticamento mentale rispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, il tempo di penalità era significativamente più alto nella condizione di affaticamento mentale rispetto alla condizione di controllo.
Per quanto riguarda il Loughborough Soccer Shooting Test, i partecipanti hanno eseguito colpi meno accurati e più lenti in condizioni di affaticamento mentale rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, il tempo medio della sequenza di tiro tendeva ad essere più lento nella condizione di affaticamento mentale ma le differenze non erano significative.
Questa indagine, utilizzando due studi separati, dimostra che l’affaticamento mentale altera le prestazioni sia fisiche che tecniche dei giocatori di calcio. Lo studio 1 ha rivelato che i giocatori di calcio mentalmente affaticati raggiungono il punto di esaurimento durante il test Yo-Yo IR1 prima che nella condizione di controllo. Questa compromissione della prestazione fisica sembra essere mediata dall’effetto negativo dell’affaticamento mentale sulla percezione dello sforzo piuttosto che modifiche periferiche ai fattori cardiovascolari, metabolici e neuromuscolari comunemente associati alla tolleranza all’esercizio e all’affaticamento muscolare.
Lo studio 2 ha rivelato che i calciatori mentalmente affaticati mantengono la capacità di svolgere compiti tecnici specifici del calcio entro limiti di tempo simili a quelli della condizione di controllo. Tuttavia, quando sono mentalmente affaticati, i calciatori commettono più errori di passaggio e controllo della palla e riducono sia la velocità che la precisione del tiro (Smith M.R. et al., 2016).
Conclusioni
Lo staff composto da allenatori, collaboratori e preparatori atletici, deve essere consapevole dell’impatto che la fatica mentale può avere sulla qualità dell’allenamento stesso ed in partita. Per cui, ritengo necessario utilizzare questionari e scale di percezione della fatica per fornire un supporto alla valutazione globale dell’atleta, comprendendo in tal modo le cause ed attuare delle strategie per ridurre gli effetti. Una soluzione potrebbe essere quella di attuare un allenamento cognitivo come il Brain Training. Migliorare le capacità cognitive per sostenere momenti d’intensa attività mentale senza compromettere le abilità tecniche, potrebbe portare benefici prestazionali nel calciatore giovane o adulto che sia, così come negli altri sport che richiedono un elevato impegno cognitivo e tecnico e nella vita in generale. Inoltre, per recuperare da uno stato di fatica mentale possono essere di particolare rilevanza anche tecniche di rilassamento cognitivo come lo yoga, il training autogeno o il mental training.
In conclusione, ritengo che simili metodiche di allenamento cognitivo debbano essere inserite in un programma di allenamento settimanale, soprattutto se vi sono state svolte attività che hanno richiesto un importante impegno mentale o in seguito ad una partita. Nei giovani calciatori, tali metodiche possono essere rilevanti per un risvolto legato all’apprendimento: più alta sarà la capacità di ritardare e resistere alla fatica mentale, maggiore sarà la capacità di apprendimento delle abilità tecniche e anche di quelle tattiche.
Bibliografia
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AUTORE: Luigi Cascione Freelance e Chinesiologo di Scienze Salute e Benessere
