Per decenni i soggetti affetti da patologie neurologiche croniche o sindromi caratterizzati da disturbi delle funzioni celebrali, come nel caso dell’epilessia, sono stati esclusi dalle attività sportive per paura che queste potessero provocare peggioramenti e/o insorgenza di una crisi.
Nel 1968 L’American Medical Associatio (AMA) e American Accademy of Peditaria (AAP), raccomandarono di limitare l’attività fisica fino al 1974 in cui le stesse associazioni, a causa di molteplici controversie, hanno permesso l’attività fisica per soggetti affetti da epilessia solo “se farlo è considerato un importante fattore di miglioramento nell’adattamento del paziente a scuola, con i colleghi, e il disturbo convulsivo”. Infine nell’83 è stata concessa la partecipazione a sport di contatto a condizione che le crisi fossero adeguatamente controllate.
Ma cosa succede ad un soggetto epilettico?

Gli impulsi elettrici sono una modalità di trasmissione, molto delicata e complessa, delle informazioni all’interno delle cellule del sistema nervoso e la regolazione di essi prevede analoga attenzione.
Le convulsioni, meglio conosciute come crisi epilettiche, non sono altro che scariche elettriche incontrollate che si verificano all’interno della corteccia cerebrale interferendo momentaneamente con l’attività del cervello. Ad essere danneggiati sono il passaggio di ioni, quali sodio, potassio e iodio, attraverso la membrana cellulare e regolano la trasmissione nervosa attraverso connessioni (sinapsi) eccitatorie e inibitorie; inoltre provocano contrazioni violente e incontrollate della muscolatura scheletrica, perdita improvvisa di coscienza, rotazione degli occhi verso l’alto, cianosi, digrignamento dei denti e interruzione momentanea del respiro.
Questi sono solo alcuni, ma anche i più importanti dei sintomi di una crisi. Non tutti i soggetti hanno gli stessi segnali, questi infatti possono variare ampiamente da caso a caso. Pertanto a seconda che la scarica delle cellule nervose si verifichi in una sola regione della corteccia cerebrale o in tutta la corteccia si possono evidenziare due categorie di convulsioni: focali (parziali) o generalizzate.
In particolar modo di quelle generalizzate ne esistono sei tipi, di cui quelle “tonico-cloniche”, in passato conosciute come “grande male”, rappresentano il tipo più grave di crisi epilettica.
L’epilessia è una malattia tutt’altro che rara, si stimano cica 500.000 – 600.000 persone colpite tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità la riconosce come malattia sociale.
Capire in cosa consiste l’epilessia può aiutare meglio a tenerla sotto controllo. Al di là della terapia farmacologica che il soggetto dovrà seguire, un altro aspetto importante da non sottovalutare è l’esercizio fisico, perché se è vero che in alcuni casi potrebbe provocare un eccesso di stress stimolando una possibile crisi (aspetto ancora al centro di numerose discussioni tra gli esperti del settore), è vero anche che l’attività fisica permette la produzione naturale di endorfine, dette anche ormoni del benessere.
Il coinvolgimento delle endorfine nel controllo delle attività nervose è stato a lungo studiato ma il ruolo non è ancora del tutto chiaro, quello che sappiamo è che sono importanti regolatrici dell’umore e innumerevoli studi dimostrano che persone con epilessia sono più inclini ad una scarsa autostima e livelli più elevati di ansia e depressione.
Pertanto, da questa banale deduzione, perché non associare alla terapia farmacologica anche l’attività fisica come farmaco del tutto naturale per prevenire ulteriori disturbi?
Al giorno d’oggi, il consenso generale suggerisce che non dovrebbero esserci restrizioni alla pratica sportiva in persone con epilessia controllata, ad eccezione di immersioni subacquee, paracadutismo e altri sport ad altezza. Mentre restrizioni più ampie si applicano ai pazienti con epilessia incontrollata, tenendo conto dei tipi di crisi, della frequenza, dei modelli o dei fattori scatenanti.
Ad ogni modo esistono molti fattori legati all’attività fisica che possano far pensare ad un rischio d’insorgenza di una crisi: l’affaticamento, stress, trauma cranico durante sport di contatto, ad un esercizio aerobico eccessivo, l’iperventilazione, cambiamenti nel metabolismo dei farmaci antiepilettici (DAE) e disturbi ionici / metabolici.
Al tempo stesso nessuno studio riporta numeri significativi riguardo l’insorgenza delle convulsioni associate all’esercizio fisico, anzi, alcune ricerche dimostrano che l’attività fisica può ridurre la frequenza delle convulsioni, oltre a portare a una migliore salute cardiovascolare e psicologica.
In uno studio riportato nel 2009 Arida RM et all, descrivono come in risposta allo stress indotto dall’esercizio fisico è stata dimostrata l’attivazione del sistema ipotalamo-ipofisi-surrene che colpisce steroidi surrenali e neurosteroidi aumentando la suscettibilità alle convulsioni. Tuttavia, spiegano come lo stesso stress può anche attivare l’ormone di rilascio della corticotropina ipotalamica, che a sua volta stimola la produzione di desossicorticosterone nella ghiandola surrenale. Livelli aumentati di DOC attivano i recettori GABAA in alcune regioni del cervello, con diminuzione della suscettibilità alle crisi.
Frucht et al., hanno riscontrato che 247 su 400 soggetti epilettici studiati avevano almeno un motivo generante la crisi; tuttavia, solo 2 riconducibili all’ esercizio fisico, rispetto a fattori come stress (30%), privazione del sonno (18%), febbre o malattia (14%), luci lampeggianti (4%) e nelle donne, mestruazioni (21%), lo sforzo fisico, dunque è stato notevolmente inferiore.
Rischi e Benefici dell’attività fisica
Un altro aspetto legato alla partecipazione all’attività fisica è il rischio di lesioni a se stessi o ad altri. Uno studio norvegese, tuttavia, ha rilevato che il 27% degli epilettici che avevano convulsioni in connessione con l’esercizio fisico hanno subito lesioni lievi e includevano lesioni dei tessuti molli, piccoli tagli, distorsioni e stiramenti. Solo l’1,2% delle crisi ha provocato lesioni più gravi, con trauma cranico, lesioni da immersione, ustioni e fratture. Quest’ultima si presume sia una conseguenza della perdita di mineralizzazione secondaria ad alcuni farmaci antiepilettici (in particolare induttori del citocromo p450).
Nonostante i rischi associati ad un epilettico che pratica sport, devono essere considerati anche molteplici rischi di inattività. L’obesità e le malattie legate all’obesità diventano molto più comuni nella popolazione. Circa il 55% degli adulti è in sovrappeso e 300.000 muoiono ogni anno per cause legate all’obesità. Steinhoff et al. hanno scoperto che i pazienti con epilessia hanno un indice di massa corporea significativamente elevato in particolare le donne. Questi individui hanno maggiori probabilità di avere deficit significativi nella resistenza aerobica, nella forza muscolare e nella flessibilità. Eriksen et al. hanno scoperto che un programma di esercizi di 15 settimane riduceva livelli di colesterolo e maggiore assorbimento di O2. i partecipanti hanno mostrato una riduzione dei dolori muscolari, problemi di sonno e affaticamento, nonché una diminuzione della frequenza delle crisi.
Nonostante quei rari casi di convulsioni indotte dall’esercizio e i rischi di una maggiore attività convulsiva a causa dell’affaticamento, dello stress e dei disturbi metabolici associati all’esercizio fisico, Gotze et al. osservarono le letture dell’elettroencefalogramma (EEG) il quale mostrava che l’esercizio fisico tendesse a normalizzare l’EEG e ridurre la probabilità di convulsioni.
È interessante uno studio pubblicato nel settembre del 2019 in cui vennero prese in esame varie patologie che possono provocare effetti anche sul cervello, come nel caso dell’Alzheimer, e la correlazione con l’attività fisica nel prevenire la degenza. Dallo studio si enuncia che l’attività fisica ha effetti sia in periferia che al cervello. Di Liegro et all la definiscono l’attività fisica come una strategia non farmacologica per ritardare gli effetti sia dell’invecchiamento fisiologico che della neurodegenerazione patologica sulla salute del cervello. Tuttavia sono necessari ulteriori studi per valutare più precisamente come i fattori che influenzano il funzionamento del cervello cambiamento in risposta al tipo, intensità e tempistica dell’esercizio.
Conclusioni
Avere l’epilessia pone sfide intrinseche al mantenimento dell’indipendenza e alla piena partecipazione alle interazioni sociali. Sebbene siano necessarie alcune restrizioni per proteggere in primis la sicurezza dell’atleta, le restrizioni stesse limitano ulteriormente l’indipendenza e lo sviluppo sociale.
Ma l’attività fisica di ogni genere non dev’essere un limite ma un mezzo per migliorare la patologia e i disturbi, sia fisici che psichici, ad essa legate. Perché come stesso Giovenale trattava nelle sue satire, tra il 50 e 140 d.c.: l’uomo dovrebbe aspirare a due beni soltanto: la sanità dell’anima e la salute del corpo; tradotto: MENS SANA IN CORPORE SANO.
Referenze
– Carlo Maria Di Liegro , Gabriella Schiera , Patrizia Proia and Italia Di Liegro, Physical Activity and Brain Health, 2019.
– Elaine C. Wirrell, Epilepsy‐related Injuries,2006.
– Frucht MM, Quigg M, Scwaner C, Fountain NB: Distribution of seizure precipitants among epilepsy syndromes. Epilepsia 2000.
– Jose´ Pimentel, Raquel Tojal , Joana Morgado, Epilepsy and physical exercise, 2014.
– Ricardo M.AridaFulvio A.ScorzaVera C.TerraCarla A.ScorzaAntonio-Carlosde AlmeidaEsper A.Cavalheiro, Physical exercise in epilepsy: What kind of stressor is it?, 2009.
AUTORE: Giulia Brancazi Freelance e Chinesiologa di Scienze Salute e Benessere
