Il termine svezzamento descrive il periodo di tempo in cui si ha una riduzione progressiva dell’allattamento al seno o della formula lattea e l’introduzione graduale degli alimenti complementari. Il termine “alimenti complementari” dovrebbe comprendere tutti gli alimenti, solidi e liquidi, che non siano latte materno o formule di proseguimento.
L’introduzione di alimenti complementari è generalmente progressiva e guida i bambini al raggiungimento dello schema dietetico di un adulto entro il secondo anno di vita. L’OMS raccomanda l’allattamento al seno esclusivo per i primi sei mesi di vita e l’allattamento al seno complementare fino ad almeno il secondo anno di vita. Secondo l’OMS, l’introduzione degli alimenti complementari dovrebbe avvenire in sicurezza e con le giuste tempistiche: dovrebbe iniziare quando l’allattamento al seno non riesce più a soddisfare i fabbisogni di nutrienti e di energia per la crescita e lo sviluppo del bambino, contenendo quindi alimenti che possano offrire tali nutrienti ed energia.

Il periodo dello svezzamento è cruciale nella vita del bambino: non solo implica molti cambiamenti rapidi, ma è anche associato allo sviluppo delle preferenze alimentari, ai comportamenti alimentari, al peso nell’infanzia, nell’adolescenza e anche in età adulta. Il periodo dell’introduzione di alimenti complementari è quindi un momento critico. In questa fase, una mancata crescita può destare preoccupazioni significative; si possono manifestare anche delle carenze in micronutrienti, soprattutto perché i bambini presentano, con l’avanzare del tempo, delle richieste più elevate in nutrienti in relazione all’aumento del fabbisogno energetico. La maggior parte dei bambini non necessita di alimenti complementari per ragioni nutrizionali prima dei sei mesi.
Le prime capacità considerate rilevanti per il consumo di alimenti complementari (somministrazione guidata con il cucchiaio) si sviluppano tra i tre e i quattro mesi; le capacità per il consumo autonomo (con le loro mani) di alimenti sono solitamente osservate tra i cinque e i sette mesi. Una volta che i bambini hanno sviluppato le capacità neuromotorie necessarie e un apparente interesse per gli alimenti diversi dal latte, i cibi allergenici possono essere introdotti insieme agli altri alimenti complementari; evitare o ritardare l’introduzione di cibi potenzialmente allergenici, come pesce e uova, non ha mostrato una riduzione delle allergie. Si dovrebbe evitare l’introduzione precoce (prima dei quattro mesi) o tardiva (dopo i sette mesi) del glutine: introdurlo gradualmente mentre il bambino è ancora allattato al seno potrebbe ridurre l’insorgenza di celiachia, diabete di tipo 1 e allergia al grano. Il latte vaccino non dovrebbe essere introdotto prima dei dodici mesi, così come più del 90% del fabbisogno di ferro dovrebbe derivare dagli alimenti complementari. Se il bambino seguisse una dieta vegetariana, dovrebbe ricevere un apporto sufficiente di latte materno o formula (500 mL) e prodotti lattiero caseari. Fino a sei mesi, sia i neonati allattati con formula che quelli allattati al seno, generalmente non necessitano di fluidi supplementari. Mentre ai neonati allattati con formula potrebbe essere offerta dell’acqua precedentemente bollita, ciò non è raccomandato per i neonati allattati al seno, in quanto potrebbe interferire con le richieste e la produzione di latte materno. L’età appropriata di introduzione degli alimenti complementari dipende quindi anche dalle caratteristiche del bambino e dal suo sviluppo, soprattutto per quanto riguarda i nati pretermine.
Quando avviene lo svezzamento?
Sebbene le raccomandazioni sull’introduzione dei solidi siano le stesse per i bambini allattati con formula o al seno, i bambini allattati con formula ricevono alimenti solidi in media due settimane prima di quelli allattati al seno. L’introduzione precoce di alimenti solidi è correlata con caratteristiche quali: giovane età della madre, meno anni di educazione, BMI pre-gravidanza più elevato, fumare in gravidanza, status socioeconomico inferiore, rapido aumento di peso all’età di sei settimane e la percezione da parte dei genitori che il bambino sia affamato. Se la madre ritiene che il bambino necessiti di cibi solidi prima dei sei mesi è probabile che vi sia un’introduzione precoce di tali solidi. Il temperamento del bambino potrebbe avere un’influenza marginale sulle tempistiche di introduzione dei solidi. Lo status socioeconomico dei genitori elevato, maggiori livelli di educazione, l’allattamento al seno esclusivo nel primo mese di vita e l’allattamento al seno a quattro mesi sono associati con un’introduzione più tardiva di alimenti complementari. Tra le ragioni principali che determinano l’inizio dell’alimentazione complementare vi sono: il fatto che il bambino sia affamato, ricevere raccomandazioni da infermiere, dottori, membri della famiglia, amici o altri e il seguire specifiche linee guida.
Come avviene lo svezzamento?
Il primo alimento complementare introdotto nella dieta dei bambini europei è il riso per bambini. Le raccomandazioni attuali incoraggiano la preparazione casalinga dei pasti; studi recenti hanno mostrato che, durante il procedimento dell’alimentazione complementare, l’esposizione a frutta e verdura preparate in casa, piuttosto che già pronte, è un buon indicatore di un frequente consumo di frutta e verdura più avanti con l’età. Le linee guida specificano che si deve introdurre un alimento nuovo alla volta, in modo che possa trascorrere qualche giorno tra uno e l’altro, rendendo così possibile distinguere eventuali reazioni allergiche.
Le abitudini e i comportamenti alimentari si sviluppano in giovane età; tra i sei e i ventiquattro mesi i bambini imparano il gusto, l’odore, la consistenza e l’apparenza degli alimenti; la scelta degli alimenti fa parte del ruolo dei genitori e di chi si prende cura del bambino. Molte madri hanno difficoltà a identificare il migliore approccio nella transizione dal latte ai cibi consumati in famiglia. La decisione finale sullo svezzamento è presa dalla madre sulla base di una buona crescita, della durata e qualità del sonno e della felicità del bambino. Le influenze famigliari e culturali restano comunque alla base di molte decisioni.
Autosvezzamento
Il termine autosvezzamento è stato coniato da Gill Rapley nel 2005. Si tratta di un metodo alternativo che promuove l’auto alimentazione a partire dai sei mesi di età, anzi che la classica somministrazione da parte dei genitori di pappe con il cucchiaio. Non è specificatamente menzionato nelle raccomandazioni dell’OMS, ma sta diventando sempre più diffuso. Il bambino partecipa ai pasti della famiglia e fin dall’inizio gli vengono offerti degli interi pezzi di alimenti. Anche se sono i genitori a offrire il cibo, è il bambino a controllare il suo svezzamento, decidendo cosa, in quali quantità e quanto velocemente mangiare.
La partecipazione al contesto familiare è di estrema importanza, poiché l’imitazione è uno dei pilastri dell’apprendimento. I bambini autosvezzati non sono mai forzati a mangiare, vi è una riduzione della pressione e dell’ansia durante i pasti. Non è chiaro se la pratica dell’autosvezzamento porti a iniziare lo svezzamento più tardi, o se i genitori che aspettano fino a sei mesi per svezzare adottino poi l’autosvezzamento. Le madri che scelgono l’autosvezzamento sembrano comunque più inclini a iniziarlo a sei mesi.
Mentre nello svezzamento tradizionale vengono spesso dati degli alimenti che sono composti da più ingredienti, nell’autosvezzamento vengono offerte diverse varietà di alimenti singolarmente. Nel primo caso i gusti sono mischiati e il bambino non è sempre in grado di distinguerli; al contrario, l’autosvezzamento fornisce un apprendimento precoce delle capacità sazianti dei cibi e potrebbe condurre a una miglior risposta alla sazietà. Essendo però i bambini autosvezzati esposti a molti tipi di alimenti, anche mischiati o confezionati, in caso di reazioni allergiche può essere più difficile risalire all’allergene specifico coinvolto.
I cibi che vengono offerti maggiormente all’inizio dell’autosvezzamento sono frutta e verdura fresche e nessun prodotto industriale; le proteine animali sono il secondo gruppo più offerto, inclusa la carne rossa, pesce e pollame. Nonostante sia stato sollevato da alcuni il timore che i bambini che seguono l’autosvezzamento ingeriscano elevati quantitativi di grassi e meno ferro, zinco e vitamina B12, non sono state trovate differenze tra i valori energetici consumati dai bambini che seguono autosvezzamento e quelli svezzati in modo tradizionale.
Gli alimenti commerciali o i purè per bambini di solito non contengono zucchero o sale. Gli alimenti che si mangiano in famiglia invece non sono sempre adatti per i bambini, in particolare per le modalità di cottura e condimento. I bambini autosvezzati potrebbero abituarsi ai gusti dello zucchero e del sale, il che potrebbe portarli ad un aumentato consumo di questi, con eventuali effetti sulla salute già dall’infanzia. Per evitare questi rischi, i genitori dovrebbero ricevere un’educazione nutrizionale adeguata in modo da rendere la loro dieta più sana e adatta al bambino. Per quanto riguarda il rischio di soffocamento, a sei mesi il bambino potrebbe non aver sviluppato le capacità motorie orali necessarie per ingerire alimenti interi in sicurezza, ma non sono state individuate differenze nel soffocamento con i gruppi di bambini svezzati tradizionalmente. L’ ESPGHAN nel 2017 ha affermato che non ci sono sufficienti evidenze per trarre conclusioni sull’autosvezzamento.
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AUTORE: Margherita Nacamuli Freelance e Biologa di Scienze Salute e Benessere
