L’ acqua nel corpo umano è molto importante ma contrariamente a ciò che si pensa, non è presente in percentuale fissa ma dipende molto dall’età, dal sesso, dalla composizione corporea e da molti fattori costituzionali. Il tessuto fasciale ha bisogno della giusta idratazione e soprattutto è fondamentale mantenerlo sempre in ogni condizione ben idratato. Esso può essere suddiviso in due livelli principali, superficiale e profondo ( escluse le regioni palmari e plantari). Ma la fascia si può suddividere anche in tre sistemi (biomeccanico, meningeo e viscerale), e il sistema fasciale si continua poi all’interno dei gruppi muscolari e dei singoli muscoli tramite espansioni profonde: epimisio, perimisio, endomisio che compongono la struttura vera e propria del muscolo.
La fascia non è stata mai valutata nel giusto modo in passato in ambito medico, la si considerava un mero contenitore per organi e nervi e nulla più, ma per fortuna da qualche tempo invece si assiste a un grande interesse verso questo sistema. La fascia ha bisogno di essere sempre ben idratata, e l’acqua ha importantissime funzioni per questo sistema poiché è un vero e proprio sistema di trasporto di molecole varie e nutrienti e ne permette la loro diffusione, sia come componente fluida del sangue che come acqua interstiziale, ed ha anche il ruolo di rimozione di sostanze di rifiuto come tossine e metaboliti.
L ’acqua essendo quindi un lubrificante, si distribuisce all’interno e intorno ai tessuti e ha un ruolo di difesa del corpo da traumi e serve a mantenere idratate le cartilagini articolari, fondamentali per garantire il corretto movimento. Dal punto di vista chimico, moltissime reazioni biochimiche hanno bisogno di acqua, o meglio gli enzimi necessari a tali reazioni hanno bisogno dell’acqua per essere funzionali. Anche la temperatura corporea e la sua regolazione son regolate dalla presenza di acqua perché il nostro organismo ha un’omeostasi termica con un range di temperatura ridotto, il che vuol dire che mal tollera alterazioni dell’equilibrio idrico, e quando si verificherà tale condizione ci sarà un’alterazione del funzionamento di tutti i sistemi biochimici. Con la sudorazione ad esempio, durante uno sforzo fisico si riduce la propria temperatura, evitando il surriscaldamento e prevenendo possibilili danni ai tessuti.
Da queste brevi considerazioni è evidente come la fascia rivesta un ruolo strutturale e funzionale nel nostro organismo e la sua idratazione deve essere considerata e attentamente valutata, con particolare attenzione all’atleta poiché ad ogni contrazione muscolare corrisponde una risposta da parte delle strutture tendinee e del sistema fasciale che coordinano il movimento.
È noto da tempo che strategie di idratazione non adeguate rispetto al fabbisogno durante l’allenamento e la competizione possono influire negativamente sulle prestazioni atletiche, in quanto aumentano lo stress fisiologico.
Anche una piccola perdita di sudore e quindi di importanti Sali minerali di appena l’1-2% della massa corporea di un atleta causano alcuni inconvenienti fisici come l’ aumento della frequenza cardiaca, della temperatura interna, dell’uso di glicogeno muscolare, del potere anaerobico e del tempo di esaurimento, oltre che psichici come la mancanza di cognizione e stati confusionali. Diversi studi mostrano che è il sodio l’elettrolita più importante per evitare tutto ciò, e che quindi la scarsa integrazione di sodio aggravi il quadro clinico. In commercio esistono diverse bevande idratanti che hanno lo scopo di integrare sia i fluidi che gli elettroliti persi attraverso il sudore, però non esiste un modello unico di idratazione della persona perché come è stato detto, la quantità di acqua dipende da numerosi fattori e dalla composizione corporea di ognuno. Il grande problema che hanno le persone, atleti compresi, è che spesso hanno la tendenza a bere solo quando avvertono lo stimolo della sete, o a rimandare l’atto del bere dopo la gara per paure ingiustificate o per pigrizia, e solitamente iniziano già allenamento o competizione in condizioni di scarsa idratazione, riducendo spesso di molto le performance atletiche.
Si hanno infatti spesso episodi di rigidità muscolare accompagnati da crampi muscolari, ciò è dovuto al fatto che la presenza di acqua nel tessuto fasciale consente al collagene di muoversi liberamente ma in assenza di acqua la struttura diventa rigida e soggetta ad infortuni di diverso tipo.
Anche le molecole di collagene risentono della disidratazione, esse formano strutture che avvolgono i tendini e la pelle e proteggono le strutture da un eccessivo stiramento. Il collagene è sintetizzato a partire dal tropo-collagene, da parte dei fibroblasti, condroblasti e osteoblasti e l’aggregazione di tante fibrille di tropo-collagene in fibra collagene dipende dall’instaurazione di legami polari tra le sub-unità proteiche e le molecole di acqua che servono da vero e proprio legante. Inoltre dal punto di vista biochimico le fibre di collagene disidratate sono in grado di indurre processi infiammatori (entro 10 giorni della condizione di disidratazione) e i mediatori chimici rilasciati nella risposta infiammatoria come istamina, eparina, dopamina, serotonina, catecolamine, ecc. concorrono a rendere rigido il tessuto fasciale. Dobbiamo sempre limitare l’infiammazione cellulare. Se la fibra di collagene si disidrata, ciò può comportare effetti deleteri sull’organismo, soprattutto legati all’insufficienza circolatoria.
La fascia se idratata è in salute e controlla i movimenti delle cellule dell’endotelio dei vasi che regolando il flusso dei capillari sanguigni e linfatici, consentono il movimento di acqua, proteine plasmatiche e sostanze varie dissolte nell’ambiente extracellulare. Se la fascia è ben idratata dopo un allenamento in stretching si è visto che se la tensione non è stata molto intensa e non si sono verificate micro-lesioni, le fibre collagene si rilassano e recuperano il loro stato di partenza in pochi minuti e nel frattempo l’acqua continua a fluire nel tessuto fino a quando raggiunge una quantità di acqua maggiore rispetto al momento iniziale, aumentando l’elasticità. Quindi la quantità di acqua nel tessuto fasciale è molto importante per mantenere l’integrità della struttura della fascia e per proteggerla da traumi fisici e da malfunzionamenti delle sue attività meccaniche. Se il contenuto idrico inizia a scarseggiare e si instaura una disidratazione si ha un cattivo scorrimento dei vari piani fasciali, si possono creare adesioni e si riduce la circolazione sanguigna e il trofismo tissutale. La disidratazione può comportare il riarrangiamento del collagene e un aumento della pressione miofasciale, che comporta la congestione dei vasi sanguigni e linfatici ossia una vera e propria intossicazione da accumulo di scarti metabolici, che può essere accompagnata da contratture, ischemie, danni muscolari. La riparazione di un tessuto danneggiato avviene grazie alla sintesi del collagene e la reazione utile alla riparazione tissutale (idrossilazione della prolina) ha bisogno di ossigeno molecolare, infatti una ferita tende a guarire molto più velocemente quanto più ossigeno è presente nel tessuto. Poiché l’acqua porta in sé una quota di ossigeno disciolto, è importante reintegrare liquidi per favorire il più completo e veloce recupero.
Referenze
-Wong R, The Dynamic Anatomy and Patterning of Skin, Exp Dermatol. 2015.
-Stecco A, Fascial Disorders: Implications for Treatment. PM R. 2015.
-Kjaer M. (2004) Role of extracellular matrix in adaptation of tendon and skeletal
Muscle to mechanical loading. Physiological Review, 84, 649-698.
-Dubinskaya, Eng, Rebrow, Bykov (2007) Comparatve study of the state of water in
Various human tissues. Bull Exp Biol Med. 2007 Sep:144(3):294-7.
AUTORE: Simona Repetto Freelance e Chinesiologa di Scienze Salute e Benessere
