Chinesiologia Dario Landro Freelance Medical

L’ALLENAMENTO AL RECUPERO – PARTE 2

Fatica e Recupero: cosa succede a livello fisiologico?

La fatica è l’incapacità di un soggetto di portare a termine o continuare un compito motorio, il soggetto diventa incapace di mantenere nel tempo la stessa espressione di forza o la stessa intensità di contrazione.

La fatica subentra quando l’organismo diventa incapace di ripetere una prestazione particolare per un certo numero di volte ad un determinato livello d’impegno e per una precisa durata di tempo (Dal Monte e Faina, 1999).

Questa può essere suddivisa in due componenti:

  • Periferica: è ad insorgenza acuta e si caratterizza per dolenzia e fastidio muscolare progressivo sino a sintomatologia di crampi. La fatica periferica è indotta da fenomeni che si verificano nel motoneurone spinale, nella placca neuromotrice e nella fibrocellula muscolare. Essa è data dall’esaurimento delle scorte energetiche, da lesioni degli elementi contrattili del muscolo, dall’accumulo di metaboliti (lattato, H+, ammoniaca, radicali liberi), dall’ alterazione dell’equilibrio ionico e dalla riduzione dell’eccitabilità muscolare.
  • Centrale: è ad insorgenza più lenta ed è caratterizzata dall’ incapacità psicologica a portare avanti o a ripetere un determinato sforzo fisico con alterazione delle scariche elettriche da parte del sistema nervoso centrale (SNC), che diviene incapace di provocare contrazioni muscolari con la stessa intensità e frequenza di quelle precedenti. La fatica centrale è imputabile a meccanismi che originano nel sistema nervoso centrale (SNC), ovvero in tutte quelle strutture nervose, corticali e subcorticali, i cui compiti vanno dall’ideazione del movimento alla conduzione dell’impulso nervoso fino al motoneurone spinale.

La fatica diventa un vero e proprio fenomeno protettivo, che la cellula mette in atto per preservare la propria integrità, per continuare a vivere. 

Lo scopo è cessare la contrazione muscolare o diminuirne l’intensità per non autodistruggersi, questo diviene il significato ultimo del fenomeno della fatica. 

“L’affaticamento muscolare locale viene segnalato dai nervi sensoriali al sistema nervoso centrale. Il cervello reagisce trasmettendo segnali inibitori ai muscoli in questione per diminuire il loro sforzo durante l’intervallo di recupero: di conseguenza il muscolo si rilassa e le riserve di energia vengono ripristinate più facilmente” (Tudor O. Bompa, Periodizzazione dell’allenamento sportivo)

Un’ alterata o non proporzionale fatica rispetto all’allenamento che stiamo svolgendo diventa indicatore di un recupero incompleto.  

Segnali di affaticamento centrale e periferico possono essere: la perdita di peso; una sudorazione eccessiva(uno dei primi segnali che viene subito notato all’inizio della seduta di allenamento); occhi opachi o lucidi; aumento della frequenza cardiaca a riposo ed aumento della pressione arteriosa a riposo; alterazione del sonno; disturbi dell’appetito; modificazioni emotivocomportamentali e caratteriali; aumento della suscettibilità a infezioni batteriche e virali.

In caso vengano ravvisati questi segnali è bene compiere esami funzionali e biologici atti a completare il quadro diagnostico. 

In questo caso i segnali di affaticamento saranno dati da modificazioni del tracciato elettrocardiografico, aumento della potassiemia, tendenza alla diminuzione della glicemia, anemia moderata, aumento dell’ammoniaca ematica, alterazione leucocitaria, aumento della velocità di eritrosedimentazione (VES), aumento degli steroidi urinari in una fase iniziale e loro diminuzione in una fase successiva, aumento dell’acidità urinaria (pH < 4), aumento della creatina ematica e urinaria.

vediamo quali obiettivi ricerchiamo nel recupero e quali sono i mezzi più efficaci per conseguirli.

Quando si parla di misure di recupero, occorre distinguere le misure passive, nelle quali l’atleta subisce gli interventi (per esempio massaggi, idroterapia, termoterapia, integrazione alimentare ecc.), da quelle attive, in cui è l’atleta stesso che pratica la tecnica di recupero (defaticamento attivo, ginnastica di compensazione, tecniche di rilassamento ecc.). 

Le misure di recupero attive e passive dovrebbero essere applicate e distribuite, durante le pause dall’attività fisica, in modo equilibrato.

Sicuramente tutte le forme di recupero hanno come obiettivi:

  • L’ accelerazione dei processi anabolici, attraverso la riduzione del periodo catabolico.
  • L’ accelerazione del ristabilimento dell’omeostasi ed il recupero dello stato di benessere. 
  • Il sostegno dello stato immunitario e ormonale.
  • La riduzione (o eliminazione) degli squilibri muscolari, eliminazione di contratture, stati di tensione e dolore.
  • La prevenzione degli infortuni da microtraumi ripetuti.
  • Lo scarico delle strutture sottoposte a sollecitazione (capsule articolari, legamenti, cartilagini articolari, tendini e muscoli).
  • Ripristino di macro e micronutrienti.

Il tempismo per un recupero ottimale varia in base al: sistema maggiormente affaticato; al grado di allenamento; ai valori fisiologici dell’individuo; all’attività svolta dal soggetto al di fuori della seduta di allenamento.

“ Gli intervalli di riposo tra le diverse sedute di allenamento della forza dipendono dal livello di condizionamento e dalla capacità di recupero del soggetto, dal periodo di allenamento e dalla fonte di energia utilizzata nell’allenamento” (Tudor O.Bompa, Periodizzazzione dell’allenamento sportivo).

A tal proposito possiamo dire che:

  • La rimozione del lattato dal sangue e dai muscoli avviene in genere entro 30/60 minuti con l’esercizio e in 60/120 minuti durante il riposo.
  • Il ripristino delle concentrazioni di glicogeno muscolare ed epatico dopo un carico di lavoro estenuante avviene in circa 10 ore per il 60%, e per il 100% entro 48 ore (Fox e al.,1989; Piehl, 1974). 
  • Il ripristino delle riserve di ossigeno ed emoglobina, e di adenosintrifosfato(ATP) e fosfocreatina (PC), avviene, rispettivamente, in circa 2-3 minuti ed in circa 3-5 minuti.

Approssimativamente, quindi, per un recupero ottimale dovremmo rispettare, in base ai sistemi coinvolti, i seguenti tempi :

  • Scorte energetiche come ATP e CP vengono ripristinate per l’80% entro i 2 minuti, per il 90% entro i 4 minuti, per il 100% entro gli 8 minuti.
  • Le riserve di glicogeno, in base all’attività svolta e con un’adeguata alimentazione, vengono ripristinate entro le 24/48 h. 
  • Il lattato ematico ritorno a livelli ematici normali entro i 45-90 minuti dal termine dell’esercizio fisico.
  • Le microlesione muscolari  a seguito di esercizio intenso impiegano, per essere rimarginate, un recupero dai 2 ai 5 giorni dopo l’attività, da qui la necessità di un recupero che permetta di ripristinare e regolare il tono muscolare e di eliminare il dolore.
  • Per recuperare appieno da lavori di forza massimale il nostro SNC impiega circa 70 ore.

Inoltre possiamo dire che:

  • Il recupero ha un effetto di armonizzazione del sistema immunitario. Se le misure di recupero sono applicate con il corretto dosaggio, si ha un incremento di leucociti, monociti e trombociti e una diminuzione della secrezione di immunoglobuline. 
  • Anche il sistema endocrino ha bisogno di tempo per ristabilire una corretta armonia, turbata dall’allenamento. Nel caso di carichi di lavoro continuo che durano più ore (sport di endurance), si ha diminuzione della concentrazione di testosterone(ormone anabolico) ed aumento di cortisolo(ormone catabolico), segno di uno squilibrio dell’organismo verso processi di distruzione(catabolici). Per non danneggiare l’organismo è necessario evitare un nuovo carico fino a che non si sia ristabilita una condizioni di armonia o di anabolismo, con aumento di testosterone e diminuzione del cortisolo (tabella 1).
  • I tessuti connettivi che trasmettono forze necessitano di tempi di recupero più lunghi, in quanto hanno una minor irrorazione sanguigna, e questo comporta minor sostanze nutritive per il ricambio cellulare.

TUTTI I PROCESSI ELENCATI AVVENGONO GRAZIE AD UN RECUPERO ADEGUATO.

Referenze


– Dal Monte A., Faina M. Valutazione dell’atleta – Analisi funzionale e biomeccanica delle capacità di prestazione. Utet. 1999. 

– Dintiman GB. Effects of various training programs on running speed. Res Q. 1964;35:456–463. 

– Fox, E.L.; Bowes, R.W.; Foss, M.L. The Physiological Basis of Physical Education and Athletics. Dubunque, IA; Brown. 1989.

– Piehl,K. 1974. Time course for refilling of glycogen stores in human muscle fibres following exercise-induced glycogen depletion. Acta Physiologica Scandinavica 90: 297-302. 

– Skein M, Duffield R, Edge J, et al. Intermittent-sprint performance and muscle glycogen after 30 h of sleep deprivation. Med. Sci. Sports Exerc. 2011; 43:1301Y11.

– Tudor O.Bompa PhD.; Periodization Traning for Sports; Calzetti Mariucci Editori; 2001.

AUTORE: Dario Landro Freelance e Chinesiologo di Scienze Salute e Benessere

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